Seduto in groppa agli urali se siguarda verso est mentre alle spalle si stendono le pianure del Volga di fronte si apre la Siberia. Pensare che da qui si protrae fino al mare del giappone per 15.00 km mi sento una nullita'. Salgo in sella e la affronto, niente di cosi' preoccupante, se mi fosse stato chiesto di darle un nome l'avrei chiamata Paradiso. Ma avrei commesso lo stesso sbaglio che fece Vasco de Gama quando attraverso' quell'oceano che poi si rivelo' tra i piu' burrascosi del pianeta, ma in quella stagione era calmo e lo chiamo' Pacifico. Una distesa piatta interrotta da boschi di abete nero alternati a boschi di betulle, ma quel che piu' mi affascina sono gli aquitrini formati dal disgelo, quasi degli autentici laghi da dove numerose specie di uccelli migratori spiccano il volo sorvegliati dall'alto dalla preistorica grazia del volo degli aironi.
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